France, Italie!
Brisset ricorda in più occasioni (e Augusto De Benedetti dopo di lui, già come prefatore dell’edizione 1933 delle traduzioni) di essere stato avviato allo studio dell’italiano in giovane età da sua madre, Jeanne Athenaïs Sarlandie; diventato presto cultore di Petrarca, continuò ad approfondire la conoscenza della lingua per tradurre la sua poesia, spinto anche dall’insoddisfazione provata leggendo le traduzioni esistenti, e incoraggiato da Alfred Mézières e addirittura da Antonio Fogazzaro.
La sua passione per il Petrarca e il desiderio di “italianizzarsi” hanno anche un motivo tutto personale: uno zio aveva sposato una rampolla dei D’Ancézune, e a Brisset piaceva pensare che Laura fosse nata Chabiau d’Ancézune, nel feudo di Cabrières (come la pensava Alessandro Vellutello già nel XVI secolo).
Per Brisset, dopo i premi conseguiti per le sue traduzioni e i riconoscimenti in Francia (l’opera fu presentata da Emmanuel Rodocanachi all’«Académie des Sciences morales et politiques» e ricevette dalla società parigina «Arts, Sciences et Lettres», il 24 marzo 1935, la «médaille de vermeil pour l’ensemble de ses travaux»), la consacrazione suprema fu, un anno dopo la medaglia ricevuta dalla Consulta di Arezzo (1934), l’ammissione quale socio onorario dell’Accademia Petrarca (gli unici predecessori stranieri erano Pierre de Nolhac e Maurice Mignon).
Il suo primo dono di libri all'Accademia sarà seguito da un secondo, unito a quello dei manoscritti delle traduzioni e di un saggio su Laura.
Un’ode «A Arezzo, à ma seconde patrie» (1936) celebra il legame speciale stretto sessant’anni prima (vi sarebbe quindi venuto ventiquattrenne, nel 1876, per poi perlustrare l’Italia, almeno fino a Arquà).
Invitato a partecipare a Parma al «Convegno petrarchesco» dei 9 e 10 maggio 1934, dovette rinunciare per l’età avanzata e i problemi di salute, ma gli fu dedicata una «comunicazione» di Augusto De Benedetti (Un pétrarquiste français de nos jours) e fu letta a Selvapiana una sua lunga lirica incentrata su Petrarca e Parma; gli ultimi due versi sembrano riassumere bene la vita di Brisset «pétrarquiste français»: