A Arezzo, à ma seconde patrie
Il 25 maggio 1935 il Brisset torna a scrivere al presidente dell’Accademia, Pier Ludovico Occhini, in quella che sembra essere una comunicazione cordiale e per certi aspetti “familiare”. Egli infatti, dopo essersi scusato per aver declinato l’invito a partecipare alla sesta settimana petrarchesca, adducendo problemi di salute (a quella data Brisset aveva 83 anni), si lancia in un elogio del tutto gratuito e di parte del regime fascista e della figura stessa di Benito Mussolini («... grâce a la grandeur et à la justesse des vues d’un Mussolini...»). Da qui passa a descrivere la propria infanzia, legata indissolubilmente alla figura dello zio: preso dalla curiosità aveva iniziato a leggere i numerosi libri presenti nella biblioteca di famiglia e a imparare, da autodidatta, la lingua italiana. Insoddisfatto delle traduzioni francesi del Petrarca, inizia a fare traduzioni egli stesso, e si mette in viaggio per tutta l’Italia alla ricerca dei luoghi del poeta.
È questo il viaggio descritto nell’ode A Arezzo, à ma seconde patrie, pubblicata del XXI volume degli Atti e Memorie della R. Accademia Petrarca del 1936. Qui l’autore ricorda il pellegrinaggio in Italia di sessanta anni addietro (quando aveva 24 anni) alla ricerca dei luoghi in cui il grande poeta aretino aveva vissuto.
Fra questi rimane particolarmente colpito dalla casa in Borgo dell’Orto, il luogo in cui, appunto, è nato Petrarca il 20 luglio 1304.
L’ode si chiude con la dichiarazione dell’obiettivo di una vita intera, fare amare Petrarca in Francia: